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Il paramecio e il paradosso di Bertrand – Prima parte

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Forse avete già capito che mi piace parlare di razionalità umana, questo articolo comincia con una domandina semplice semplice.

Quante possibilità abbiamo di indovinare giocando a Testa o Croce?

Vedo che qualcuno ha alzato la mano e fa una faccia stranita, immagino desideri chiedermi cosa c’entrino gli organismi unicellulari con la razionalità umana. Non c’entrano quasi niente, ma lo vedremo dopo: adesso torniamo alla domanda che ho appena fatto.

Non cominciate a sogghignare, pensando a quella moneta che aveva vostro cugino… datemi istintivamente la prima risposta sensata che vi viene in mente.

Una su due?

Risposta sensata e anche razionale, ma guardiamo un po’ quante cose stiamo dando per scontate con questa risposta.
La prima cosa che diamo per scontata è che su una faccia della moneta ci sia un’immagine interpretabile come testa e sull’altra un’immagine interpretabile come croce, ma niente vieta che una moneta coniata per un’isola tropicale mostri su una faccia una conchiglia e sull’altra una tavola da surf.
In questo caso dobbiamo prima stabilire cosa deve essere considerato testa e cosa croce, oppure, prima del lancio, toccare con un dito la faccia che scegliamo, altrimenti rischieremmo di fare a sberle con l’indigeno che ci ha proposto la scommessa.

  

Inoltre dobbiamo stabilire se “indoviniamo” quando la faccia scelta resta visibile verso l’alto o quando, invece, è nascosta verso il basso. È una convenzione della nostra civiltà che debba essere la faccia visibile, ma presso altri popoli potrebbe benissimo essere il contrario.

La seconda cosa che, probabilmente, stiamo dando per scontata è che la moneta sia perfetta, cioè che la probabilità – incomincio ad usare questa parola – sia uguale per entrambe le facce: in metà dei casi uscirà testa nell’altra metà croce.

Stiamo implicitamente usando quella nota come “definizione classica di probabilità“, in cui essa è definita come il rapporto fra gli eventi che soddisfano una certa condizione ed il numero totale di eventi possibili.
È una definizione aprioristica che non fa ricorso a nessuna prova sperimentale: non abbiamo lanciato in aria qualche centinaio o migliaio di volte una moneta reale, contando le teste e le croci, abbiamo pensato ad una moneta ideale.

P(A) = N(A)/N

Per la moneta gli eventi possibili sono due: (T; C), pertanto la probabilità dell’evento T è P (T) = 1/2 ed è identica a quella dell’evento C che possiamo calcolare sia direttamente P (C) = 1/2 sia come differenza P(C) = 1 – P(T).

Notate, però, che non vi ho chiesto quale sia la probabilità che esca, ad esempio, croce: vi ho chiesto qual è la probabilità di indovinare ed è una cosa diversa.
L’evento è composto da due fasi: nella prima si sceglie – a caso, visto che non sapremmo come decidere – la faccia, nella seconda si lancia idealmente la moneta.
L’insieme degli eventi possibili è questo (TT; TC; CT; CC), l’evento “evviva, ho indovinato” si verifica quando le due lettere sono uguali (TT; CC) e la sua probabilità P(I[ndovinare]) = 2/4.
È vero che numericamente le cose non cambiano: la probabilità è l’ovvio e istintivo 50%, ma scriverla in questo modo ci ricorda che gli eventi totali sono 4.

Adesso guardiamo cosa succede usando la famigerata moneta con due facce uguali con cui scherza quell’estroso estruso (vedasi etimologia di estruso) di vostro cugino.
Supponiamo, senza perdere in generalità, che abbia due teste, allora l’insieme dei casi possibili è (TT; TT; CT; CT) e la probabilità di indovinare è sempre P(I) = 2/4, numericamente il solito 50%.

  

Controintuitivamente, un baro non se ne fa proprio nulla di una moneta con due facce uguali – a meno che non sia abilmente capace ad indurvi a scegliere il simbolo mancante, ma questo non è barare, è circonvenzione d’incapace – per vincere dovrebbe avere entrambe le monete tarocche e prendere di nascosto quella opportuna, solo dopo la vostra scelta.

Passiamo per un momento ai dadi.

Prendiamo un bel dado cubico idealmente perfetto, con le sei facce contrassegnate da sei simboli diversi e, usando il metodo di prima, troviamo subito che ogni faccia ha la stessa probabilità P(F) = 1/6 e la probabilità di indovinare è P(I) = 6/36.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole.

Un dado ideale è però uno strumento eccellente per simulare una moneta tarocca, per la quale la probabilità di uscita di C è diversa dalla probabilità di uscita di T.

Sulla nostra isola tropicale si usano monete quadrate che mostrano su una faccia una Conchiglia e sull’altra una Tavola da surf; inoltre, gli usi del posto prevedono che chi deve indovinare lo faccia stando steso supino sulla sabbia, guardando attraverso il fondo di vetro di una di quelle barche con cui si portano i turisti in giro per la laguna ad ammirare i pesci. Con un minimo di fantasia – i turisti sono un po’ tonti, lo sappiamo – possiamo immaginare che non sia possibile distinguere se ciò che si vede sia la faccia di una moneta o quella di un cubo con lo spigolo uguale al lato della moneta.

L'isola degli imbroglioni

Basta che 2 facce del nostro dado ideale siano decorate con la Conchiglia e le altre 4 con la Tavola per realizzare una moneta ideale per la quale P(C) = 2/6 e P(T) = 4/6. Non si tratta di una moneta reale, ma squilibrata, che, dopo un numero altissimo di esperimenti, statisticamente fornisce C nel 33,3333…% dei casi, ma di una moneta ideale che fa uso unicamente della definizione classica di probabilità.

Quante probabilità ci sono di indovinare, supposto, naturalmente, che il turista tonto non abbia la minima idea che gli astuti indigeni lo stanno brancicando per i glutei?

(TT; TT; TT; TT; TC; TC; CC; CC; CT; CT; CT; CT) è l’insieme totale degli eventi, mentre quelli che corrispondono all’evento “evviva, ho indovinato” sono (TT; TT; TT; TT; CC; CC).
P(I) = 6/12 = 50% come al solito: gli indigeni non sono più astuti del famigerato cugino, anche se giocano a Testa o Croce in maniera decisamente più scomoda.

Il risultato sarebbe lo stesso se la moneta tarocca fosse simulata con un sacchetto contenente 814 monete con due teste e 186 monete con due croci.

Se ci pensiamo bene, è logico che sia così, perché in tutti i casi la situazione è equivalente ad indovinare se una moneta nascosta in una scatola chiusa mostri la testa o la croce: comunque sia stata messa la moneta nella scatola, a mano, gettando una moneta ideale o pescando dal sacchetto, o è testa o è croce, in mancanza di altre informazioni abbiamo sempre e comunque il 50% di probabilità di indovinare.

È però ovvio che le cose cambiano se il nostro turista sa che si sta usando un dado con 2 conchiglie e 4 tavole da surf: in questo caso sceglierà sempre e comunque la Tavola, l’insieme degli eventi totali sarà (TT; TT; TT; TT; TC; TC) con P(I) = 4/6. Così come cambiano le cose se il baro può prendere la moneta opportuna dopo che noi abbiamo fatto la nostra scelta: lui vincerà sempre perché ha informazioni sufficienti per generare un evento certo.

Questo articolo, però, non è dedicato alle situazioni in cui si dispone di informazioni supplementari, ma al caso opposto in cui le informazioni sono quelle minime indispensabili o, addirittura, insufficienti.

Gettiamo due dadi ideali identici: qual è la probabilità di ottenere 7?

Chiunque sappia come funziona il classico gioco con due dadi, risponderà istintivamente P (7) = 6/36 = 1/6.

Io, invece, vi dico che la probabilità è P(7) = 4/36 = 1/9.

No, non sono scemo: sono una carogna.

Le facce dei nostri due dadi sono numerate così (0; 1; 2; 3; 4; 5) e questo sotto è l’insieme degli eventi possibili.

Schema dei valori per una coppia di dadi numerati da zero a cinque

Come vedete su 36 eventi possibili solo 4 forniscono 7 come somma, in compenso sono scomparsi 11 e 12 ed appaiono dal nulla 0 e 1.

Questo sotto, invece, è l’insieme degli eventi possibili per i dadi a cui siamo abituati.

Schema dei valori per una coppia di dadi numerati da uno a sei

Guardate che non è per nulla strano iniziare una numerazione partendo da zero, chiunque sia abituato a gestire matrici e vettori in linguaggi come JavaScript – quello in cui è programmata l’interfaccia utente di questo blog – per buona parte della sua giornata lavorativa ragiona proprio in questo modo.

Se questa considerazione non vi basta, ruberò un aneddoto dal blog dei Rudi Matematici:

«C’è un famoso aneddoto di su Hilbert che, alla stazione con moglie e figli, litigava con la consorte che gli aveva chiesto se avesse controllato che tutte e sei le valigie che avevano con loro fossero state caricate. “Le ho viste,” diceva la moglie alla fine, dopo un altro controllo: “ci sono tutte e sei”. Al che anche Hilbert ricontrolla, e contesta: “No! È la terza volta che le conto, ne manca una! Guarda, contiamole insieme: zero, uno, due, tre, quattro e cinque! Visto?”»

È immediato rendersi conto che, in realtà, i due schemi sono identici e che la domanda da porre dovrebbe essere la seguente: qual è la probabilità che la somma dei due numeri usciti appartenga alla diagonale i-esima con i compreso fra 1 e 11? (dove le 11 diagonali sono quelle che congiungono due numeri uguali, ad esempio 3 e 3 o 4 e 4, per usare valori presenti in entrambi gli schemi).

Se, però, girano dei soldi, porre la domanda unicamente sul risultato numerico della somma, senza fornire tutte le informazioni, potrebbe avere come effetto una bella rissa.

Ma c’è di più: nulla ci consente di stabilire a priori persino se sia possibile fare la somma numerica di ciò che compare sulle facce dei due dadi. Ad esempio sulle facce potrebbero esserci delle immagini stilizzate di fiori: chi di voi sa dirmi quanto fa numericamente rosa + tulipano?
È vero che con un minimo di conoscenza di teoria degli insiemi le cose si risolvono e il nostro gioco coi dadi può essere eseguito perfettamente, anche se non numericamente, – basta ricordarsi il concetto di prodotto cartesiano e decidere se [rosa + tulipano] = [tulipano + rosa], cioè se i due dadi hanno lo stesso colore oppure no – però non mi immagino seratine tranquille nella bisca sull’isola tropicale, se adotta metodi del genere con gli ignari turisti.

Se vogliamo calcolare la probabilità di un evento abbiamo bisogno di una descrizione precisa ed esauriente su come avviene l’evento ed a quale insieme di eventi possibili appartiene.

Però le spiegazioni esaurienti richiedono tempo, io voglio uscire con questo articolo prima del prossimo carnevale della matematica, pertanto per il simpatico protista, che tutti quanti abbiamo studiato a scuola, e per il paradosso di Bertrand, che non conoscono in molti, vi tocca aspettare la seconda parte.

Portate pazienza.

 


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